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giovedì 4 maggio 2017


Il viaggio da Tangeri a Chefchaouen - Il pullman interiore

Se siete deboli di stomaco o facilmente impressionabili non leggete, grazie.
Non so se a voi capita ma ci sono delle situazioni apparentemente banali della nostra vita, che mi ritornano in mente molte volte, in momenti difficili, o semplicemente in istanti meditativi. Mi piace pensare che questi momenti che ho vissuto mi ritornano in mente perchè in quel momento, pur non accorgendomi di nulla ho vissuto un passo evolutivo dell'anima, segnato un punto, messo un sassolino sul sentiero...insomma, momenti che possono sembrare apparentemente normali e invece hanno un significato profondo che non cogliamo perchè è davvero arduo scavare così dentro per portare alla luce il vero significato. Io li prendo così come vengono, accolgo questi ricordi che ritornano vividi e ricorrenti come un generatore di pile, come un talismano traumaturgico, lascio le immagini scorrere e dopo, vi giuro, mi sento incredibilmente bene. Uno di questi flash emotivi che ritorna di frequente nella mia mente è il viaggio in pullman che con la mia amica Michela, mia sorella Debora e mio cognato Christian, abbiamo fatto da Tangeri a Chefchaouen in un caldo agosto marocchino. C'è da dire che la mia vacanza a Tangeri nel 2014 con la mia amica Michela ha segnato una tappa importante della mia vita, in quanto è stata l'ultima vacanza da "ragazza" che mi ha accompagnata nel mio percorso nel diventare "donna" e poco dopo mamma. Dopo c'è stato il mio viaggio al Cairo, ma dentro di me ero già mamma anche se il mio piccolino non era ancora stato concepito, già la sua idea e il desiderio di averlo mi avevano profondamente cambiata. La libertà, la felicità e la spensieratezza di quei giorni segnati dal sole, dalle spezie e dal cielo limpido le porterò sempre con me, e l'amicizia con Michela si è rinforzata proprio nel momento giusto, quel momento di trasformazione che mi avrebbe portato lontano da lei per molto tempo ma che me la farà sempre considerare come una sorella per tutto quello che abbiamo condiviso. Ma torniamo al viaggio...Prendiamo il pullman per pochi spicci alla stazione dei pullman di Tangeri. C'è da dire che gli unici italiani eravamo noi 4 e che noi due ci siamo completamente affidate all'esperienza di mia sorella e mio cognato, giramarocco professionisti !Insieme a noi c'erano moltissime famiglie con innumerevoli bambini che stavano sedute su due sedili (alcune con tre bambini in braccio) e le tipiche donne di Chefchaouen con quel cappello pieno di pon pon e la gonna righe che portavano ceste di generi alimentari. Il cappello me lo ero orgogliosamente messo in testa anche io e lo vedete in foto qui sopra...prima di partire salgono sul pullman un paio di venditori ambulanti che vendono le cose più improponibili, in particolare medicinali probabilmente scaduti e fazzoletti. Io sono abbastanza preoccupata perchè soffro molto il mal d'auto e non siamo riuscite a sederci davanti, e accarezzo con tensione la mia scatola di Travelgum mentre Michela si è portata la xamamina, sempre per me perchè lei ha lo stomaco di ferro. Partiamo e già intuisco che l'autista è un pò spericolato. Sulla strada che porta a Chefchouen ne vediamo di cotte e di crude...Un camion pieno di pomodori dove dei ragazzi dormono sopra ai pomodori e sotto il cielo terso del mattino...un furgoncino bianco stipato di ragazzi che vanno a lavoro dove l'ultimo si regge pericolosamente allo sportello aperto per non cadere (dentro sono tutti in piedi arrampicati l'uno sull'altro), mariti con i motorini modificati che hanno attaccato un carretto a due ruote dietro per caricarsi la moglie...piccoli furgoni senza sportelli dietro che ospitano bambini che dormono insieme a mogli e suocere indaffarate a intrecciare la paglia...insomma il coloratissimo e soprendente mondo marocchino! Il travelgum mi da una leggera sonnolenza e quando Michela mi da le spintarelle sul braccio mi rendo conto di cosa era successo nel frattempo sul pullman. Accanto a noi nel corridoio centrale erano sedute tre donne per terra a gambe incrociate. Io e Michela ci guardiamo perplesse ma dopo altre fermate (che avvengono a caso e non sono segnate sulla strada) ci rendiamo conto che è un fenomeno normale...cioè i passeggeri salgono e siccome il pullman è pieno si siedono comodamente per terra con la teste appiccicate al tuo sedere. Dopo poco succede quello che è uno dei miei peggiori incubi. Una vecchia, una di quelle col cappello con i pon pon inizia ad emettere dei versi come se la stessero scannando...la poveretta sta vomitando e nessuno batte un ciglio. Circa tre file davanti a noi una mano si alza e spruzza un deodorante. I versi gutturali della vecchia continuano senza ritegno, l'autista non si ferma, nè lei chiede una sosta. Nessuno commenta o parla finchè anche il bambino davanti a noi in braccio alla mamma inzia a vomitare. Tutti i marocchini che viaggiano in pullman sembra siano attrezzatissimi, con buste, fazzoletti e deodorante e non si scompongono. Io mi dispiaccio troppo per il bambino davanti a noi e chiedo alla mamma se vuole del travelgum ma lei mi fa capire che è petito, troppo piccolo per prendere medicinali. Dopo poco qualcun'altro dietro inzia a vomitare e mentre alcuni scendono e altri salgono, sulle scale che portano all'uscita compaiono delle bustine accuratemnte chiuse come ricordino di chi si è sentito male. Mi sembra di vivere in un incubo perchè io sono davvero debole di stomaco, e le budella mi si sono intrecciate in una morsa. Michela è immobile perchè è lei quella vicina al corridoio, la più esposta tra noi due a questo spaccato di normalità marocchina che mi fa tanta impressione, ed io mi sento protetta dalla sua figura che si interpone tra me e il mondo esterno. L'autista non si ferma mai e iniziamo a salire. Il pullman è strapieno sia di posti a sedere che di posti a terra, ma nessuno sta in piedi. Alcuni bambini cantano, alcuni adulti recitano il Corano, qualcuno ha il coraggio di mangiare, la mano con i braccialetti un pò più avanti a noi continua a spruzzare deodorante e noi le siamo davvero grate. Ovviamente i finestrini sono chiusi. l'aria condizionata è accesa per fortuna, anche se debole, ma l'odore come potrete immaginare non è dei migliori...ogni tanto diamo uno sguardo a mia sorella e mio cognato che si godono imperturbabili il viaggio come se niente fosse mentre noi siamo allucinate! Finalmente arriviamo alla stazione di Chefchaouen e scendiamo dal pullman stordite. mettere il piede a terra è come essere state salvate da un naufragio e aver toccato la terraferma dopo un potente mal di mare...ci avvicendiamo all'unico bagno della stazione che oltre ad essere a pagamento è un complimento dire che era fatiscente...l'acqua ovviamente si tira con un secchio che devi riempire tu...ma ci scappa proprio e io Michela e mia sorella ci guardiamo allo specchio sbeccato che vedete in foto e troviamo che le nostre facce sono così buffe da doverle per forza immortalare. La foto che ci siamo fatte in primo piano e io Michela ci ha fatto scoppiare a ridere per giorni e giorni, e a distanza di mesi e anni ogni volta che la guardo non posso che sbellicarmi...mi fa un effetto incredibile vederla, è più forte di me...Uscite da questa avventura/incubo ci accingiamo a prendere due taxi blu che ci porteranno al centro della citta blu. Quanto sia stupenda questa perla in mezzo ai monti tutta dipinta di azzurro è un'altra storia...quello che volevo raccontare è proprio questa odissea, questo viaggio della speranza dove ci siamo ritrovate per forza marocchine senza via d'uscita, in un contesto dove non potevamo fare le turiste, dove non potevamo scendere a prendere una boccata d'aria fresca e pulita...vi sembrerà strano ma in questa specie di incubo qualcosa è successo, qualcosa che mi fa rivivere questo ricordo con allegria e non con disgusto...i meccanismi dell'anima sono impenetrabili ed arcani, ma sia io che Michi siamo d'accordo che questo viaggio è stato molto di più di un viaggio in pullman verso la città blu del Marocco, è stato un viaggio interiore, che ci ha messe davanti ai nostri limiti, che ci ha fatto accettare ciò che per noi era improponibile, che ci ha fatto vestire i panni di qualcun'altro non facendoci sentire estranee, che ci ha legato in qualche modo a quella terra non solo per la sua bellezza, ma anche per la sua realtà

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